martedì 27 maggio 2014

La Principessa che amava i film horror - Intervista ad Alessio De Santa




Continua la nostra galleria di incontri con gli autori Tunué.
Come annunciato nel precedente articolo dedicato al libro (che trovate QUI), al recente Napoli Comicon abbiamo avuto il piacere di incontrare Alessio De Santa, autore assieme a Daniele Mocci e Elena Grigoli di questa arguta rivisitazione del mondo fiabesco.
E' interessante scoprire come dietro un apparente divertissement ci sia una ispirata consapevolezza culturale.



Alessio De Santa

 Sicuramente, la prima cosa che si nota è il registro parodistico, la versione umoristica dell'immaginario canonico medievale. C'è forse un ammiccamento a Games of Thrones? 

 In realtà, no, perché non ho avuto ancora il tempo di vederne una puntata! Il nostro collegamento era più con storie come Rapunzel. Essendo amici di molti disegnatori Disney, avevamo avuto la possibilità di visionare qualche preview, e ci siamo fatti incuriosire ancor prima che questo immaginario tornasse di moda. Sono passati comunque due anni e mezzo dall'inizio alla conclusione del progetto, è un libro molto lungo, 150 pagine.

 Per ogni storia ti sei ispirato a fiabe diverse, o sono tutte variazioni sullo stesso concetto? 

Sono tutte fiabe diverse della tradizione popolare europea, ma tutte variazioni sul tema. L'idea originale nasce addirittura col mio progetto di tesi, il confronto tra le fiabe occidentali e quelle Zen.



 Notevolmente interessante...

 Un confronto fatto con gli strumenti della semiotica, materia della quale sono appassionatissimo. Ho studiato quindi la fiabistica europea, la cui tradizione si diffonde ben prima della nascita della psicologia moderna, da Freud in poi...

 Che per me ha ucciso la meraviglia...

 Sono abbastanza d’accordo. Le fiabe hanno sempre un aspetto inquietante, ma non l'aspetto psicologico come lo intendiamo noi. Sono un'espressione della cultura popolare. Nella cultura di massa contemporanea possiamo trovare l'equivalente nella diffusione orizzontale di alcune serie televisive, la cui apparente banalità gli consente di raggiungere una grande parte di pubblico. Nel senso che anche il telefilm più popolare assolve al ruolo di far percepire all'adolescente che esperienze come l'innamoramento o le delusioni amorose sono in realtà esperienze condivise da tutti. Volevo dunque provare a portare nella tradizione della fiaba un po’ del linguaggio attuale.



 Da questo nasce lo spirito dissacrante... 

 Si, anche se il nostro essere dissacranti non è quello, per intenderci, alla "Shrek", in cui c'è una parodia sistematica. Noi abbiamo preferito creare delle variazioni sul tema e rompere lo schema narrativo della fiaba, soprattutto nelle aspettative sul finale.

 E' interessante notare che mentre ne "La memoria dell'acqua" (ne abbiamo parlato QUI) gli autori hanno preso uno schema horror e lo hanno inserito in uno schema fiabesco, tu hai fatto il contrario in un certo senso. Come hai lavorato alla sceneggiatura? 

 In realtà avevo iniziato a scrivere il libro come un progetto autoriale, in un secondo momento (anche per dare sicurezza agli editori, essendo la mia prima opera come sceneggiatore), ho cercato aiuto in Daniele Mocci, uno sceneggiatore espertissimo. Lui aveva già pubblicato in Francia i due volumi "Carrion" ("Il carognoso", edito da Claire De Lune), un'opera molto scura e affascinante. Il nostro metodo di lavoro è stato molto particolare. Io ho scritto i soggetti e lui le sceneggiature, rivedendo volta per volta il lavoro insieme. I colori sono dell’eccezionale Elena Grigoli.


Alla fine di ogni storia ci sono delle tavole che compongono una storia nella storia... 

 Si, un'idea che nasce dall'esigenza di creare un filo rosso che legasse il libro. Ogni fiaba sfuma in questa storia di collegamento. Un Re deve cercare sua figlia, la principessa, che è fuggita. Nel farlo incontra diversi personaggi che compaiono nel libro (spesso prima che il lettore li abbia letti, in un gioco di anticipazioni). Nel libro ci sono tre piani di lettura: il primo è la fiaba per bambini, reso immediato anche dall'approccio buffo del disegno; poi un secondo piano narrativo, più alto, in cui si parla delle storie d'amore e dei rapporti con la famiglia; e poi un terzo, una sorta di ricompensa per i lettori più consapevoli: abbiamo nascosto più di una trentina di citazioni dall'arte, dalla letteratura e dalla musica, da Neruda a Klimt.




 E' una caccia al tesoro! 

 Si, è un grande gioco.

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