sabato 18 febbraio 2017

RIVELAZIONE - sette meditazioni intorno a Giorgione


Al Teatro India è in scena fino al 19 Febbraio, Rivelazione- sette meditazioni intorno a Giorgione.

La compagnia Anagoor, che col rivoluzionario genio pittorico condivide la culla e i natali di Castelfranco Veneto, mette in scena con rispetto un dignitosissimo omaggio al maestro di Tiziano.

Uno spettacolo costruito su una struttura libera ma solo apparentemente casuale, in cui il crescendo meditativo non sembra seguire uno schema simbolicamente ragionato, piuttosto un flusso d'intuizioni che circolarmente trovano il loro compimento nel discorso d'insieme.

L'approccio disinvolto e informale, che all'inizio ci aveva fatto temere una facile quanto urticante dissacrazione, lascia presto il campo, prima, ad una vivace ricostruzione storica (sulla base degli scarni frammenti della biografia giorgionesca) e, infine, al momento cruciale della dolente riflessione poetico-filosofica sulle immagini immortali del pittore.

La drammaturgia (di Laura Curino e Simone Derai, autore anche della regia) alterna concessioni a un tono colloquiale tipico delle ormai diffuse lectio su temi artistici (con tutte le semplificazioni e gli ammiccamenti imposti dalla volgarizzazione) a improvvisi voli pindarici, che elevano il livello della riflessione a altezze non comuni.
La narrazione (affidata a Marco Menegoni) è esposta con garbo e notevole dettaglio filologico, trovando spesso un buon equilibrio tra il rigore storiografico e la necessaria invenzione romanzesca volta a colmare le voragini dell'assenza di documenti oggettivi.
L'esposizione si gioca su una voce che si sdoppia in due microfoni, uno dedicato alla narrazione presente, l'altro megafono delle citazioni passate, in vernacolo veneto o nel linguaggio alto delle citazioni letterarie.
Ritratto di giovane uomo

Avremmo forse desiderato una maggiore contemplazione dei capolavori pittorici, spesso sezionati in dettagli simbolici ove liberare la speculazione esegetica, ma parliamo, comunque, di uno spettacolo dall'intelligenza sottile e dai molteplici spunti, raramente scontati.

S'imparano molti dettagli illuminanti, ma ciò è il minimo che ci aspettiamo, soprattutto si riceve l'offerta di interpretazioni suggestive, non sempre ancorate a evidenze oggettive ma quasi sempre in grado di mostrare angolature originali e stimolanti.
Come si spiega nel testo introduttivo, e all'inizio dello spettacolo: "Giorgione è una delle figure più enigmatiche della storia dell'arte. Cercare di metterlo a fuoco è come osservare la costellazione delle sette sorelle, le Pleiadi: riesce meglio se uno non la fissa direttamente."

Sette meditazioni, giocando sul duplice significato di riflessione filosofica e stato di contemplazione, su sette opere del maestro veneto.

Pala di Castelfranco

Si parte dal dato umano, umanissimo, di affetti recisi, commerci politici e incantamenti negati per giungere alle vette nebbiose di una sapienza intrisa di neoplatonismo (come nei messaggi cifrati dei cartigli finali).

Venere dormiente di Giorgione

Intelligente la riflessione su "la morte nel desiderio" nella celebre Venere dormiente (finita dall'allievo Tiziano, che ad essa si ispirerà per la sua forse più celebre versione), nel momento di massimo espansione virale delle malattie, appunto, veneree.

Venere di Urbino di Tiziano

Apprezzabile la scelta, vorremmo dire, apofatica di non commentare lo splendore immortale de La Tempesta, affidando alla mera contemplazione del pubblico il più profondo significato di meditazione.

I tre filosofi del Giorgione
Molto interessante la riflessione sui Tre filosofi, Trimurti che non può non evocare i Tre Magi, che ispira un monologo (pericolosissimo!) sull'Anticristo: un'interpretazione ardita ma convincente che, partendo dall'Oroscopo delle Religioni molto in voga nei circoli esoterici delle corte rinascimentali (secondo la quale dopo le tre fasi storiche delle religioni monoteistiche il prossimo yuga avrebbe visto l'Apocalisse), intende la figura del giovane cristiano (non collocato cronologicamente tra il rabbino e il saggio islamico) come il Nemico, dacché il cristiano, nella contemporaneità dell'autore, è colui che guarda. Da qui una prolusione, equilibrata e non banale, sulla presenza in ognuno di noi dell'Anticristo.

Giuditta e Oloferne
Facile? No, perché apre intelligentemente al riconoscimento del più potente degli archetipi (Jung docet), nel suo aspetto veterotestamentario: Giuditta contro Oloferne, Giovanna d'Arco ante litteram, fanciulla guerriera, vergine sacrificata e vendicativa. Dal Devi Mahatmyam a Kill Bill, mutatis mutandi abissalmente nella profondità di rivelazione e manifestazione del Vero, riconosciamo le variazioni di un'icona inscritta a caratteri d'oro nell'Inconscio Collettivo.
Se il Gran Nemico è in noi, dobbiamo dare nascita dentro di noi alla fanciulla guerriera che ne reciderà l'osceno capo.
Quale migliore metafora della seconda nascita, del risveglio della Kundalini, delle Nozze Mistiche, dell'albedo interiore?

particolare dei fregi della Casa Museo di Giorgione
C'è sicuramente nel testo una traccia, sapiente, di riflessione orientale, forse di derivazione specificamente buddhista, ben declinata nel riconoscimento del filo d'oro della Tradizione esoterica dei grandi iniziati, una traccia che guida il percorso meditativo, solo apparentemente affidato al capriccio della suggestione, verso la splendida riflessione finale sull'ultimo cartiglio dei fregi nella casa detta di "Giorgione" a Castelfranco (quello lasciato in bianco per lasciare all'Uomo il monito e l'invito a giocare saggiamente le carte del proprio libero arbitrio): "bisognerà lottare per affrontare il caos...chissà che la via d'uscita non sia data proprio dall'arte, arte rinnovata e magica, per tracciare o incidere sulla tavola bianca immagini con il potere di sanare, curare il mondo nostro, con amore, corpuscolo che ci lega al tutto con necessari e invisibili legami".







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